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da martedì 6 marzo h 18.45 APERITIVO LETTERARIO EMILIANO-ROMAGNOLO CASA D’ALTRI dal libro di Silvio D’Arzo per tutto il mese di marzo

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Date/Time
Date(s) - 06/03/2018 - 31/03/2018
18:45 - 20:00

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da martedì 6 marzo alle 18.45 (per tutto il mese di marzo)

Aperitivo Letterarifoto ape EMILIA FB MARZO 2018o Emiliano-Romagnolo

CASA D’ALTRI dal libro di Silvio D’Arzo

Presentazione del libro e degustazione.

 

A partire dal libro CASA D’ALTRI di Silvio D’Arzo, continuiamo a presentare le Cantine Regionali produttori dei vini che serviremo legate a un libro o a uno scrittore della stessa regione.

Casa d’altri è stato definito da Montale «un racconto perfetto». Pare fatto d’aria, tanto che si può riassumere in due righe: «Un’assurda vecchia: un assurdo prete: tutta un’assurda storia da un soldo». Eppure – per la sua capacità di toccare nel profondo il senso della vita – è uno dei racconti piú belli del Novecento.

martedì 6 marzo ore 18.45

(e per tutto il mese)

L’Azienda vinicola che presenteremo è

MARIA GALASSI AZIENDA AGRICOLA

In collaborazione con Grappoli e Luppoli di Marc Pavia che cerca per noi i migliori piccoli produttori di vini.

  • CARATTERISTICHE DEI VIGNETI: Vigneti di 15 anni di età con 4000 piante per ettaro, allevati a cordone speronato. TECNICHE DI VINIFICAZIONE: Le uve Sangiovese sono raccolte perfettamente sane, poco prima della piena maturazione per avere bucce resistenti, sane e croccanti oltre a mosti con acidità sostenuta. La fermentazione e la successiva macerazione sulle bucce avvengono in tini di acciaio a temperatura controllata in assenza di ossigeno. Il contatto del vino con le bucce dura mediamente 18 giorni stimolando contemporaneamente alla fermentazione alcolica quella malolattica. L’utilizzo dei solfiti è sostituito dal governo delle temperature, dell’atmosfera inerte e delle fecce fini.
  • CARATTERISTICHE DEI VIGNETI:Vigneti di 18 anni di età con 4000 piante per ettaro, allevati a cordone speronato. TECNICHE DI VINIFICAZIONE: Le uve Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon sono raccolte assieme e fermentate in uvaggio. La fermentazione e la successiva macerazione sulle bucce avvengono in tini di acciaio a temperatura controllata. Il contatto del vino con le bucce dura mediamente 18 giorni; segue la fermentazione malolattica. AFFINAMENTO: Il 30% del sangiovese affina in tonneaux di rovere francese di terzo passaggio per 6 mesi. La parte restante affina 6 mesi in acciaio. Affinamento minimo in bottiglia di 8 mesi.

Piattino degustazione di prodotti tipici emiliano-romagnoli

  • COPPA DI PARMA IGP.Salume tipico della zona parmense prodotto utilizzando la porzione muscolare del collo del suino. La carne viene insaccata in un budello, condita e stagionata mediamente per 2-3 mesi. Ha una colorazione uniforme, rossa nella parte magra e rosea in quella grassa.
  • MORTADELLA CON PISTACCHIO IGP.La Mortadella ha una storia secolare ed è considerata – non a caso – il salume più famoso della tradizione gastronomica del Bolognese. Le sue radici affondano nel lontano XVI secolo e la tipica denominazione Bologna risale al 1661, anno in cui il cardinale Farnese pubblicò nel capoluogo emiliano un bando che codificava la produzione di questo salume e anticipava, per certi versi, l’attuale Disciplinare di produzione.
  • TIGELLA EMILIANA. Le crescentine (da impasto che cresce), note comunemente come tigelle, sono delle focaccine tipiche modenesi, preparate con un impasto a base di farina, strutto, lievito e acqua.
  • GNOCCO FRITTO. Lo gnocco fritto, tipico piatto della gastronomia emiliana, è sicuramente una delle ricette più conosciute e apprezzate, non solo in Emilia Romagna ma in tutta Italia.
    Lo gnocco fritto è una ricetta molto semplice da preparare: altro non è che pasta per il pane che viene fritta e poi farcita con salumi e/o formaggi a piacere.
  • Composta a base di cipolla bianca, cotta con succo e scorza di arance biologiche ed insaporita con aceto balsamico ed un pizzico di sale. PERE AL BALSAMICO.Le pere incontrano l‘aceto balsamico creando una composta dall’inconfondibile sapore agrodolce e dalla morbidezza unica. NETTARE DI PORRI. Contorno sfizioso e dal gusto delicato, realizzato a base di porri biologici insaporiti con aceto bianco ed olio d’oliva.

CALICE DI VINO + PIATTINO DEGUSTAZIONE  € 13 CALICE DI VINO + PIATTINO DEGUSTAZIONE + LIBRO € 24

Preferibilmente SU PRENOTAZIONE ALLO 02 36 52 07 97 PIAZZA SAN SIMPLICIANO 7 20121 MILANO (MM Lanza)

casa daltri darzo

Casa d’altri

 Casa d’altri è stato definito da Montale «un racconto perfetto». Pare fatto d’aria, tanto che si può riassumere in due righe: «Un’assurda vecchia: un assurdo prete: tutta un’assurda storia da un soldo». Eppure – per la sua capacità di toccare nel profondo il senso della vita – è uno dei racconti piú belli del Novecento.

In gioventú, lo chiamavano Doctor Ironicus per la sua intelligenza sottile; ormai sessantenne, il protagonista di Casa d’altri non è che un «prete da sagre», confinato in un paesino della provincia emiliana dove non succede mai niente e dove «appaiono strane anche le cose più ovvie». Zelinda, però, una vecchia che passa le sue giornate a lavare i panni al fiume, senza avere alcun contatto con la gente, così ovvia non è; e non è ovvio neppure il tentativo di comunicazione che cerca d’instaurare con il prete, interrogandolo vagamente sulla legittimità di derogare a una «regola» della Chiesa cattolica. Quale sia questa regola, lo si scoprirà soltanto alla fine: quando il Doctor Ironicus, «così goffamente da provare vergogna di tutte le parole del mondo», non saprà dare alla vecchia che una risposta convenzionale e inadeguata. Intanto il lettore si trova coinvolto in una vicenda dal ritmo sempre più serrato, in un intreccio di tensioni e conflitti, in una lingua densa insieme di concretezza e di lirismo. Lo stesso clima di attesa incalzante si ritrova negli altri racconti: da Elogia alla signora Nodier, dove la protagonista, morto il marito, si chiude in una quieta infelicità, ai Due vecchi la cui serenità coniugale è turbata dal ricatto di uno studente. Nei temi comuni della solitudine, dell’isolamento, della diversità, c’è la disperazione lucida e modernissima di vivere il proprio tempo e il proprio luogo come «casa d’altri».

Ezio Comparoni, in arte Silvio D’Arzo, nasce il 6 febbraio 1920 a Reggio Emilia da Rosalinda Comparoni e padre ignoto. Senza un lavoro fisso, Rosalinda lotta strenuamente contro le ristrettezze e i pregiudizi sul suo conto, così da educare il figlio ad un vivo senso della propria dignità, indicandogli la via per un sicuro “riscatto” nello studio e nella cultura. Grazie alla viva intelligenza, Ezio supera l’esame di maturità classica a soli sedici anni. Nel 1937 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, dove incontra maestri come Calcaterra, Funaioli, Longhi, e si laurea discutendo una tesi di glottologia. Dopo un primo impiego a Reggio come insegnante nella Regia scuola tecnica industriale, nel 1942, sempre in città, ottiene la cattedra di lettere e storia al Liceo scientifico “Spallanzani”, ma poco dopo viene chiamato al servizio di leva e destinato alla Scuola allievi ufficiali di Avellino. Gli eventi successivi al 8 settembre ’43 lo colgono a Barletta, dove viene fatto prigioniero dai tedeschi e avviato verso un campo di concentramento in Germania. Durante il viaggio riesce fortunosamente a fuggire e, dopo alterne vicende, a rientrare a casa, dove rimane tuttavia in una condizione di semiclandestinità per il rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò. In questo periodo inizia un proficuo rapporto con l’editore Vallecchi e successivamente, con la fine della guerra, riprende l’insegnamento al Liceo “Spallanzani”, rafforza il legame di stima e amicizia con alcuni intellettuali reggiani, in particolare Giannino Degani, Luciano Serra e Rodolfo Macchioni Jodi, ed avvia una serie di collaborazioni con riviste e periodici. Narrativa, poesia e critica letteraria saranno per lui una ragione di vita sino alla precoce scomparsa, spesso e purtroppo con delusioni cocenti, come l’impossibilità di pubblicare i propri testi e in particolare il più riuscito, Casa d’altri, rifiutato sia da Einaudi che di Vallecchi. Dopo una prima diagnosi medica, nel 1951, di una forma di leucemia, trascorre un breve periodo a Malcesine con l’amico Degani, ma viene ben presto ricoverato a Reggio per l’aggravarsi della malattia, che il 30 gennaio 1952, a soli 32 anni, lo conduce alla morte.

Figura quanto mai schiva ed enigmatica nel panorama letterario del nostro Novecento, Ezio Comparoni, autore dagli innumerevoli pseudonimi, fra cui il più celebre è Silvio D’Arzo, ha esplorato nel breve arco della sua esistenza i più diversi territori dell’esperienza letteraria: poesia, saggio, racconto, romanzo breve. Il volumetto Maschere, che in un centinaio di pagine raccoglie sette racconti, segna il precoce esordio letterario di Ezio, a soli 15 anni, seguito da quello poetico, con le diciassette liriche di Luci e penombre. Entrambe le opere sono firmate con il primo di una serie di pseudonimi, in questo caso “Raffaele C.”. Non ancora ventenne scrive L’uomo che camminava per le strade, seguito dal romanzo Essi pensano ad altro, già elaborato come Ragazzo in città nel 1939 e rifiutato da Garzanti. Riproposto nel 1942, viene di nuovo respinto da diversi editori, insieme a L’osteria dei ricordi e L’uomo che camminava per le strade: sarà pubblicato molto dopo, nel 1976, con un discreto successo di critica. Analogo agli altri racconti di questi anni per molti elementi stilistici, All’insegna del buon corsiero è firmato per la prima volta con lo pseudonimo di Silvio D’Arzo e viene apprezzato dalla critica per la sua levità e sottile malizia. Il primo racconto per ragazzi, abbozzato intorno al 1943 e rielaborato fino al 1948 col titolo definitivo di Penny Wirton e sua madre, contiene elementi autobiografici, come pure Il pinguino senza frac, breve ma intensa narrazione scritta nel ’48. Risale allo stesso anno l’idea del romanzo Nostro lunedì, con cui Comparoni intende depositare l’esperienza di umanità maturata attraverso la guerra e le sue conseguenze. Il romanzo non andrà oltre la Prefazione, ma il titolo ispirerà la raccolta di racconti poesie e saggi curata, nel 1960, da Macchioni Jodi. L’opera più conosciuta e riuscita, Casa d’altri, giudicata dal poeta Montale “racconto perfetto”, accompagna per anni la sua vita artistica, tra revisioni e riscritture, ma anche in questo caso la pubblicazione avverrà postuma, un anno dopo la morte, con un’introduzione di Degani.

Un altro aspetto dell’autore reggiano, per molto tempo non sufficientemente apprezzato, è legato alla critica letteraria, attività in cui le doti di intelligenza, arguzia e ironia si traducono in uno stile brillante e sagace. I testi critici, raccolti e pubblicati postumi dapprima nel ’60, in Nostro lunedì e successivamente, più organicamente, nel 1987 in Contea inglese, evidenziano non solo notevole capacità di analisi, ma anche grande intuizione: D’Arzo, infatti, è tra i primi intellettuali, con Cecchi, Serra e Vittorini, ad avvicinarsi alla letteratura angloamericana, pressoché sconosciuta in Italia nella prima metà del ‘900.